L'importanza di chiamarsi Mario
Fine primavera, arriva prepotente il caldo della bassa Padana, quello afoso, appiccicoso, denso di nebbia mattutina. Torno a casa dopo anni, dopo tanti giorni passati a fare altro; a lavorare, vedere crescere figli, cercare di tenere vivo un qualsivoglia rapporto umano quasi sentimentale. Insomma, a vivere. Il ritorno, si diceva. Torno per cause di forza maggiore, come verrebbe da dire; torno perché mio padre è caduto dalla bicicletta, come credo capiti a migliaia di persone ogni giorno nel mondo, e cadendo ha rotto un femore, come credo capiti a migliaia di persone ogni giorno nel mondo, e ora è all'ospedale e a me di chiamarlo e basta non è sufficiente. È un viaggio breve sul numero effettivo di chilometri da percorrere ma lungo sul numero di treni su cui scendere e salire per arrivare a destinazione. E la mia destinazione finale è il mio paese natale, il paesello perso lungo la strada statale Romea e i campi di grano definiti da ragnatele di canali e scoli, a comporre