In cima al mondo, in alto a risalire sentieri e mulattiere, e fermarci a guardare un giorno che finisce e lascia spazio e tempo ad un'altra notte. Sulla cima ci sediamo e guardiamo finalmente senza fretta.
Il profilo è un segno elegante, definito, immobile. È vetro, acciaio, cemento e luci. È moderno, immobile. Giro la testa, lo metto sottosopra. È vivo, è verde, irregolare, pulsa e profuma, parla. È vita.
Guardiamo assieme il mondo un po' distanti ma vicini. Guardiamo le luci lontane, come stretti, fermi sulla riva opposta. Aspettiamo, osserviamo, viviamo il mondo fatto da noi.
Osservo, i tetti, perlopiù, scuri, catrame e coppi, tegole leggere, un miscuglio di stili e tempi. Osservo, dal mio punto di vista più alto. Il tempo che incontra altro tempo e si mischia.
La danza è la seconda vita un relevé, un arabesque, la fatica ogni giorno dietro il sorriso. La grazia di un plié con lo sguardo fiero e sereno, finalmente. En face, per il pubblico che la vita è questa.
Sul sentiero si fermano le foglie si formano i gradini crescono piante si piantano germogli spostati dal tempo dai giorni e dagli anni. Ne muta i colori le forme attorno...
Il sole rosso, i colori presi in prestito da qualche latta segnata dal tempo. Alberi che non sanno che le stagioni passano e cambiano. Sembra, sembra quasi autunno.
Il sole è tiepido, caldo, a sua insaputa fuori stagione, fuori luogo ma scalda e rincuora nel pieno dell'inverno. E dalla finestra immagini, grano, fienili, pioppi...
C'è un lungo momento di stasi, delle cose, del pensiero. Noia? No, stasi, blocco. La penna va sul foglio, uno, due, tre schizzi e il primo pensiero scarabocchiato prende forma. Un monte, lontano, con la neve, un lungo cammino e una vetta da raggiungere e risalire.