Una storia che vorrei raccontarti -seconda parte

Seconda parte

Il flashback può arrivare all'improvviso, forte come una scossa, acceso da una parola, un fatto, una canzone.
Qualcosa.
Che quando arriva è travolgente.
Il cane.
Il cane era un pastore tedesco femmina. Era il cane da guardia, quell'animale nel quale il vecchio da giovane si identificava: grande, robusto, fedele, pronto a difendere quando serviva.
Ricordava bene quel cane.
Ogni volta li separava solo la rete verde, che segnava il confine fra le due proprietà.
Seduto sulla sabbia, ora il vecchio ascoltava il cane abbaiare in lontananza.
Si chiedeva perché lo facesse.
Per gioco forse, per rabbia.
O per lanciargli quel ricordo ormai lontano.
"La mamma e la nonna mi portavano sempre qui in estate. La mamma qui la conoscevano quasi tutti. Ci venivi anche tu?"
Lo distrasse la ragazza, la sua voce. Ogni volta sicura e decisa. Eppure dolce.
Il cane.
Quel cane il vecchio, lo aveva visto e rivisto tante volte, nella sua casa, da solo. Era un particolare rituale di certe sue domeniche.
"Kyraaaa..."
Un nome, una voce di bambina. Due occhi verdi.
Mani piccole che si aggrappano al vello del cane, passi incerti che imparano a camminare. E il cane che non ringhia, che guarda girando il capo, la stessa bambina a rassicurarsi che non cada.
E un video che fissa tutto quel momento.
Il vecchio alzò la testa, puntò lo sguardo verso la sagoma del ristorante in fondo al pontile.
"Si, ci venivo anche io. Non conoscevo quasi nessuno. Ci venivo però per lavoro."
Una pausa per riprendere fiato.
La ragazza girò la testa verso di lui e appoggiò la guancia sulle ginocchia, abbracciandosi le gambe, facendosi più piccola.
"Non mi ricordo che anno era, sai, il tempo è passato e i miei ricordi si aggiustano a fatica."
Una risata amara. Piccola.
"Lavoravo in un negozio, tutto il periodo dell'estate. Sai, l'ho sempre fatto, e mi è sempre piaciuto. Lavoravo in mezzo alla gente e un'estate ho conosciuto una ragazza particolare."
Gli scappò una risata, ma si fece triste.
"Lo so..."
La ragazza rispose senza spostarsi da quel suo abbraccio.
Di nuovo il cane abbaiò.

L'abbraccio restava.
La ragazza rimaneva abbracciata alle sue ginocchia, a farsi spettinare i capelli dal vento.
Erano fermi sulla sabbia ormai da un po'.
La sabbia aveva fatto il suo lavoro e aveva ricoperto completamente i piedi della ragazza.
"Sai, so qualcosa di questa storia..."
Lo ripeté, lo disse senza un interlocutore particolare. In quel momento non era importante che vicino a lei ci fosse il vecchio.
Lo ripeté forse al vento, per sentire in lontananza un'eco che le facesse capire che era così.
Si girò dolcemente verso il vecchio che la stava fissando in silenzio.
Le lenti degli occhiali erano spesse ma lasciavano lo stesso intravvedere uno sguardo triste.
"Ti va di continuare a raccontarmi?"
Forse era un gioco di luce, riflessi del sole e piccole gocce di mare portate dal vento ma a lei sembrò che agli angoli degli occhi ci fossero ferme piccole lacrime.
Il vecchio annuì e deglutì.
"Era una ragazza che abitava qui, credo da quella parte."
Indicò un indefinito punto nella pineta.
"Lavoravamo assieme in un negozio di articoli da regalo. Lavoravamo tanto sai? Era il negozio più bello qui in centro. Tutta gente giovane, bella gente come lo sono i giovani adesso."
Il ricordo aveva aperto nel vecchio altri ricordi di quel periodo e d'istinto parlò, senza più seguire il senso del discorso.
Lei godendosi quello strano autoabbraccio lo lasciò parlare.
Sentiva che era giusto così.
L'ombra del pontile si allungò ancora un po'verso di loro.
Spostò un piede verso il vecchio lanciandogli un po'di sabbia addosso.
Sorrise divertita.
Il vecchio sorrise a sua volta per quella risata a cuore aperto.
"Scusami, a quelli della mia età succede di perdere il filo del discorso..."
"Non è una cosa così brutta, mi piace ascoltarti."
Il vecchio rimase ancora un po'in silenzio. Da quando si erano incamminati sulla spiaggia non aveva parlato poi così molto.
Il vento dispettoso giocava col ciuffo bianco un tempo riccio dell'anziano.
Si portò una mano sulla fronte per sistemarlo ma sorrise e lasciò che il vento facesse quello che voleva.
"Sai, mio padre aveva tanti capelli bianchi, ondulati, belli ma non sopportava il vento e in momenti come questo estraeva dalla tasca un piccolo pettine bianco di osso..."
Gli occhi verdi della ragazza si fecero grandi, come se allargando lo sguardo trovasse un ricordo specifico.

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