Una storia che vorrei raccontarti - decima parte
"Salutai il mio arancione più piccolo e guardai."
Le stelle negli occhi verdi si fecero più numerose, più grandi, come fossero ferme lì da tanto tempo.
"Guardavo la sua auto azzurra che si allontanava, cercavo inutilmente tracce di arancio attorno a me."
La ragazza si era di nuovo rannicchiata su se stessa.
La bocca mordeva nervosa la manica della maglietta, i riccioli lasciavano ben visibile solo la punta del naso.
Il vecchio sorseggiò, sul petto gli cadde un po' d'acqua, a confondersi con le lacrime che cadevano piano dal mento.
"Mi sono ritrovato solo, a respirare in ogni stanza il loro profumo..."
Lo disse tutto di un fiato, stringendo forte la bottiglia di plastica.
La ragazza drizzò la schiena all'improvviso, come se qualcosa l'avesse fatta scattare.
Senza asciugarsi il viso guardò il vecchio.
"Loro?" chiese, facendo brillare il verde dei suoi occhi.
Il vecchio strinse le labbra e annuì.
Lasciò le domande ferme sulle labbra.
Perché quella giornata, perché quella spiaggia.
Perché quella ragazza.
Era riuscita a liberare un segreto che lui non aveva mai voluto mostrare per intero.
Neanche ai suoi figli, alla compagna con cui aveva poi ritrovato l'amore.
Adesso rivelarlo gli sembrava naturale.
Sapeva di essere giunto alla fine del suo viaggio, di tanto in tanto ne scherzava.
I figli, i nipoti erano ormai il suo mondo, eppure quella ragazza, soltanto lei, aveva illuminato la zona d'ombra che gli pesava sul cuore.
"Si. Loro.
Io e lei avevamo una bambina, l'unica femmina che ho avuto. Il mio sogno spezzato."
Gli occhi grandi rimasero fissi, la brezza serale si divertiva col ciuffo candido.
La ragazza rigirava tra le dita nervose i lunghi riccioli.
Scrutava il vecchio con uno sguardo pieno di lacrime ferme.
Pensava
Giorni prima, in quella soffitta polverosa, le domande erano esplose, lasciando arrivare i ricordi, prima lievi e sfocati, poi sempre più nitidi e forti.
Foto impresse nella testa, foto dell'album dell'infanzia.
Una, fra tutte, l'aveva sempre incuriosita.
Piccolissima, all'età di circa sette mesi, si divertiva fra le braccia di un giovane che le sorrideva.
Spinta da quell'immagine, prima di abbandonare la soffitta aveva sfiorato delicatamente una scatola.
Al tocco delle dita sulla superficie ruvida del coperchio, gli occhi si erano chiusi.
Per un attimo immenso.
La scatola.
L'aveva sempre notata tra gli oggetti di casa, senza esserne mai incuriosita. Per anni l'aveva ignorata, lasciandola chiusa, spostandola nei traslochi con indifferenza. Senza sforzo aveva ubbidito a sua madre, che le aveva chiesto di non aprirla. In quell'istante invece, improvvisamente, aveva provato
l'impulso di abbracciarla, stringerla, aprirla, entrare dentro e assaporarne il profumo.
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