Una storia che vorrei raccontarti - ottava parte

Le domande.
Lo colpivano sempre vicino al cuore. Inevitabilmente.
In quella lunga giornata aveva parlato tanto, come da anni non gli capitava.
Neanche con i figli si era mai rivelato fino a quel punto.
"Si, me la sono sempre cavata bene col disegno...anche con le parole, sai?"
Glielo disse inclinando un po'il capo, con un gesto quasi fanciullesco.
Lei non rispose.
"Per tanto tempo ho sperato di diventare uno scrittore, ma la vita ha tenuto il sogno nel cassetto. Talvolta penso non sia stato un errore..."
La ragazza si spostò dagli occhi un lungo ricciolo e riprese ad ascoltare.
Il volto dell'uomo le apparve allora malinconico e gentile.
Aveva l'aspetto di un nonno, forse lo era, con quel sorriso quasi privo di denti.
Per un attimo lo vide la mano ossuta, quasi a indicare un punto imprecisato nel mare che stava vestendosi da notte.
"Ti ho detto che mi sentivo bene... Per tutto quel tempo mi sono sentito un padre, come lo era il mio."
Il suo.
Gran lavoratore, di sudore e fatica. Non aveva mai alzato la voce, era buono.
Conosciuto in tutto il paese.
Sfiorò il pettinino, quasi a voler trovare, in quel tocco lieve, qualcosa che gli parlasse di lui.
L'amore con cui il vecchio aveva descritto suo padre la raggiunse.
E la riscaldò.
La ragazza sentiva tutto l'amore per il padre nelle parole con cui il vecchio glielo descriveva.
"Lui era buono, tu non lo sei stato?" chiese, quasi ridestandosi da quel calore improvviso.
Avrebbe voluto schivare quella risposta.
"Io sono stato un padre.
Ho sempre cercato di esserci, anche quando una storia finiva.
Ma non sempre è stato facile, non sempre è stato facile, non sempre è stato possibile. Non sempre per colpa mia."
Il mento del vecchio si puntò sul torace, stremato.
Erano ricordi che affioravano in superficie come alghe nel mare dopo la tempesta.
Aveva vissuto la tempesta tanti anni prima.
Ne era uscito a fatica.
Scoprendo quante facce abbia l'amore, quanto fragile sia il filo che sostiene una storia, quanto amaro possa essere un addio.
La ragazza sapeva che quel racconto era difficile, ma voleva sentire ancora.
Lo voleva da molto tempo.
Tante domande le si agitavano dentro da quando, tra le cose di sua madre, aveva trovato, quella lettera.
Il vecchio tossì, chiuse gli occhi.
Nella brevità di quel buio trovò il viso della ragazza, la sua ruga sbarazzina, un sentore di salsedine, un profumo agrumato, il desiderio e la paura.
E infine, il coraggio di proseguire.
"La notte di Halloween sono rimasto solo, di una solitudine che ti travolge all'improvviso.
Il mio arancione aveva deciso di coprirsi, voleva uscire dalla mia vita..."
Deglutì.
"Rimasi abbracciato a lei tutta la notte in quello che era stato il nostro letto, come se fosse una notte come le altre. Non lo era, era l'ultima..."
La lacrima scivolò giù lenta, ballando un po'sul mento prima di cadere e bagnargli la mano.

La lettera.
Vecchia, ingiallita, scritta con una calligrafia ordinata.
L'aveva trovata o era stata lei a farsi trovare, casualmente, come si trovano le cose più preziose.
In una borsa impolverata, tra le cose che le erano rimaste di sua madre, l'aveva notata subito: sulla busta bianca ingiallita dal tempo si poteva ancora leggere il mittente.
Aveva spostato alcune scatole e si era seduta, a gambe incrociate, sollevando polvere e ricordi.
La curiosità faceva indietreggiare i dubbi, mentre le dita veloci scioglievano il nodo del nastro arancione.
Il nome del mittente l'aveva raggiunta come un barlume fulmineo, l'immagine lontana di qualcuno o di qualcosa.
La ragazza era emozionata, timorosa.
Si soffermò sulle prime righe, lentamente con la cautela di chi sta violando un segreto
Era troppo tardi per chiedere a sua madre se si potesse aprire quel foglio ingiallito.
Sentiva affiorare dentro di sé timide parole di scusa, come quelle che usava l'autore della lettera.
Conosceva bene sua madre, raccontava momenti di una vita insieme che forse si era interrotta sul più bello.
La lettera era stata scritta una decina di anni prima.
Mentre la riportava, richiudendo la accuratamente col nastro arancione, i perché erano arrivati tutti insieme.
Tanti.
Forti.
Veloci.
Si era sollevata da quell'angolo polveroso.
Una foto la guardava, sorridente, i riccioli bianchi a incorniciare il viso, gli occhi allegri a dirle che stava prendendo la decisione più giusta.
Ora sua madre le aveva dato il permesso di farlo.






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