Il Signor G e il ginseng
Il signor G non beve alcolici se non per qualche ricorrenza cui valga la pena chiudere un occhio. Tolte le nascite dei figli o nipoti, e constatando che questi sono quasi grandi ormai, non rimangono molte altre occasioni per brindare.
Il signor G adora il caffè.
Il caffè forse adora il signor G.
Si frequentano da anni ormai, nel rispetto reciproco.
Il signor G adora il caffè "di caffettiera" la mattina appena alzato. Ne adora il profumo, la tostatura che riporta al bruciato e il rumore "fastidioso" della caffettiera stessa. Poi c'è il primo caffè al bar sotto casa, quello di fiducia, e successivamente, arrivato in città per il lavoro o per divertimento, un pellegrinaggio fra i locali soliti ormai.
E il signor G ha imparato con gli anni a non esagerare con la caffeina e a mischiare i vari tipi di caffè. Orzo, deca e ginseng, l'ultimo arrivato fra i surrogati di tendenza.
Però...
Però l'ultimo, il ginseng, non è così facile da trovare buono, almeno appena commestibile. E il signor G negli ultimi tempi uscendo dall'appartamento bianco popolare ha trovato il suo bar.
Quello col ginseng buono e due occhi da guardare.
Quelli che si guardano oltre il bordo della tazzina. E il signor G davanti il ginseng fumante ripensa.
A discussioni futili in fondo, che rimango a rimbalzare in testa senza un motivo preciso, su zucchero e caffè, su caffeina e nervoso.
Sorride il signor G sorseggiando il suo ginseng. Osserva il lato opposto del bancone e sorride.
Ginseng gusto caramello e vaniglia, ora si può iniziare a lavorare.
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