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Visualizzazione dei post da 2019

Un regalo che non arriva

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Le Feste, le Festività, dilatano le mancanze degli affetti; tutti gli affetti che puoi provare in vita tua. Senti come se un altro anno fosse passato inutilmente, con un suo giro a vuoto. A me manca Lei, semplicemente. Una figlia che non so come possa essere diventata, che voce possa avere. Un anno di più, ancora di più, ne sento la mancanza. Gaia è il suo nome  "Mi addormento anche questa notte masticando nervoso una matita. Ho le frasi da scrivere pronte in testa e un destinatario che non cambia mai... Il foglio è sempre bianco, vuoto, quando mi addormento e al risveglio. Le parole forse scivolano via come la notte all'alba. Scivolano e rimane solo lo spazio bianco tanto che riempie il foglio. Riprendo a masticare la matita e non scrivo, disegno, un viso, i capelli, tutti i ricordi insieme. Fa meno male delle parole."

A mani alzate

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Ci sono momenti, piccoli o grandi, che aspetti per un tempo lunghissimo, istanti che a volte ti ritrovi a pensare un po'più intensamente di altri, come se tutto quello che c'è stato e che è passato non fosse in realtà, mai passato. In fondo è così, per una piccola parte. Rincorri l'abbraccio, il profumo, il sapore di quel che c'è stato. E al culmine di tutto quell'istante così lungo, capisci che il momento è bello, è prezioso e non puoi rovinarlo ancora e per la prima volta ti fermi e alzi le mani. "C'è ancora lo stesso profumo sulla tua pelle, i ricordi li ho stretti fra le mani da quando ha iniziato a piovere. È il profumo di Marocco, di olio e crema, di pelle su altra pelle. Eravamo noi, nelle foto, dentro un letto... io ad osservarti a fare il caffè, con le labbra che hanno il tuo profumo. Poi ha piovuto e nella pioggia ho perso la strada, mi sono fermato e ho chiuso gli occhi. Il risveglio è stato grigio e lontano  e quando no

Un istante di imbarazzo

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A volte il confine fra il resistere e il cedere è sottile, labile. È un gioco mentale con se stessi più che con gli altri; sei l'unico avversario in campo, l'unico possibile. È rischioso rischiare ma ti piace, non sai proprio farne a meno. Neanche dopo anni, come se la lezione non l'avessi imparata mai.  E dopo anni un incontro casuale da un peso, un colore, qualcosa di diverso da prima, da tutto prima. Il tempo passato, i gesti compiuti. Capisci quando fingi imbarazzo che tutto sta ricominciando. "Allora si, mettimi in imbarazzo senza nessuna paura anche se c'è gente che cammina come noi  e noi siamo in mezzo a passi e ad altri abbracci. Allora è così che va che nessuno dei due bada al rumore attorno, ai suoni che fanno da contorno a tutto questo. È questo solamente, questo. Mettimi in imbarazzo, ti lascio fare, non importa ora è così che deve essere, dopo tutto questo tempo. Mettimi in imbarazzo ancora, come prima."

La penna

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Lo scrivere non è il mio punto d'arrivo, tutt'altro, è sempre il mio punto di partenza. Di qualsiasi viaggio, di qualsiasi esperienza possa fare o provare. Pazienza se non a tutti piace non riesco a farne a meno. Di scrivere, della mia penna nello zaino e di un quaderno per raccogliere tutte le idee. Si ricevono critiche anche gratuite ma faccio di testa mia sempre solo perché farlo, scrivere, mi fa stare bene. "Ho una penna che scivola, è morbida sulla carta, un insieme ordinato di segni, che sono pensieri diventati parole. Ho una penna che osserva e scivola morbida sulla carta. È rosso e nero quello che scrivo, un miscuglio di parole che nascono in testa e terminano sulla carta, bagnata d'inchiostro. È bianco e nero quello che scrivo,  ne disegno le righe, le pagine, gli spazi. Tutto con la mia penna, che scivola morbida."

Eppure è Natale

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Puntuale, arriva il Natale. Come ogni anno, in realtà ogni anno un po'più triste. No, non fra le mura di casa ma all'esterno, nell'ambiente attorno. Lavoro o quotidiano che sia. La stagione certo non aiuta; novembre che fa caldo, dicembre che piove, colorano di grigio tutto attorno a te. Forse è proprio chi ti sta attorno che te lo fa pesare, che te lo fa vivere come una "cosa" obbligatoria. Gli auguri forzati, allestire alberi, pacchi regalo, vetrine nel mio caso ogni giorno, compresi festivi e festività. Ecco, è questo essere "obbligatorio", solo per terze persone che me lo fa passare un po'in disgrazia. "Eppure è Natale anche se piove, e piove anche se c'è caldo e la nebbia sale anche stasera, che il freddo è lontano e le montagne  hanno attorno un velo grigio. Eppure è Natale, nelle cose che guardi nelle vetrine, palline colorate e vischio, agrifoglio e luci colorate. E ci passò sotto ad ogni passo, con l

Il Cigno Nero

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La bellezza può ferire? Può fare male? Si. Quando la bellezza è un riflesso che ferisce chi è invidioso, chi sa di non avere i mezzi per essere bello a sua volta. Ma non è bellezza estetica. È una bellezza interiore, vicina ad anima e cuore, che muove piccoli gesti. Come te, amica mia. "C'è un cigno nero, solitario in mezzo agli altri. È bellezza e solitudine, è eleganza quando apre le ali e allunga il collo. Il cigno nero è solo per sua scelta, per non avere di nuovo paura. È bellezza ed eleganza, una danza a pelo d'acqua. Apre le ali, allunga il collo e vola, una piroetta e nuovamente chiude le ali. Abbassa il collo sul petto e osserva. La solitudine è la sua bellezza. C'è un cigno nero."

La Tela

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Ti accorgi che alcun ricordi, alcuni dettagli rimangono uguali nonostante il tempo provi a cambiare i contorni e gli stessi dettagli. Ti accorgi che una tela bianca racchiude tanto di quello che lei ha significato in quel preciso momento della tua vita, e che ad occhi chiusi lei sulla tela saresti ancora in grado di disegnarla. "Ho una tela nuova bianca e grande Deve contenere tutto quello che ricordo di te. Ho una tela pulita, come pelle delicata... passo veloce il pennello, disegno un arco scuro, armonioso... Restano sulla tela rilievi arrotondati, morbidi; è tutto quello che ricordo di te."

Perché scrivo

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Perché si scrive? Per fermare qualcosa; pensieri, storie, ricordi, risate e lacrime. Per fermare tutte insieme le cose belle e le cose brutte che ti sono accadute. Anche quelle a cui sei andato incontro a braccia aperte. Quasi come durante un attacco improvviso di bulimia di affetti. Come non averne abbastanza, cercarli in maniera ossessiva nelle persone che per un motivo o per l'altro sono entrate a far parte della tua vita. Non solo nelle persone, addirittura nelle cose, oggetti inanimati con una vita loro che riportano sempre ad un affetto, un sentimento. E allora ecco la scrittura. Che sei convinto possa sempre salvarti, da qualsiasi situazione o stato d'animo, come fosse lo scudo di un supereroe. Anche se può essere una trappola, l'arma a doppio taglio che ti porta lontano dai sentimenti che provi perché possono esserci impresse sopra, a quello che hai scritto, date che non combaciano. E scrivi di più, per dire meglio quello che provi, che in fondo non fai de

Quello che mi serve

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Un momento di raccolta dei pensieri e dei ricordi, un mini inventario di quel che ti può servire e che ti descrive. Un insieme di frasi come un disegno. Mi serve un cappello, rosso, e un ombrello, colorato che se piove, piove forte e i colori scivolano via. Mi serve una penna e un blocco, coi fogli gialli che se penso l'inchiostro ferma i pensieri. Mi serve un sorriso, sbilenco, sghembo, a labbra socchiuse, come fosse un bacio...timido di quelli che ti restano addosso, che non vanno via. Mi serve del vento, freddo, che sferza il viso, che muove le ciocche di capelli. Mi serve qualcuno con cui condividere tutto questo, il colore che non va più via.

Caramelle & Caffè

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Capita un mattino qualunque che ti prepari a fare le stesse cose, che la pensi. La pensi mentre giri il caffè, nell'osservare la crema rompersi e mulinare. La pensi in un lampo, nella coda di un discorso completamente diverso. E il pensiero è caldo come il caffè che bevi, che ti riscalda vicino il cuore. Capita un mattino qualunque che non sai tua figlia che faccia abbia, che caramelle preferisce, che felpa le piace. Il tempo che passa ti pesa.

Il signor G e il rossetto

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Il sorriso forse era più simile ad una smorfia; nonostante i tanti giorni passati, in mente rimanevano le parole, di lei, e la vergogna, sua. Il signor G lo aveva notato già altre volte, in altre situazioni, come fosse un riflesso incondizionato, inconsapevole. Un sorriso con una ruga vicino la bocca, a labbra serrate, quasi un ghigno. Anche se il signor G non aveva davvero motivo di ghignare. Ogni tanto si lasciava andare, fregava nel tempo quello strano riflesso e lasciava andare libero il sorriso. Il sorriso era quell'affascinante dettaglio che  signor G osservava in chi gli parlava. Se incorniciato dal colore acceso di un rossetto il suo sorriso poteva vincere la vergogna e battere sul tempo il ghigno. Osservava. Anche quella sera lì. Quella sera lì però il ghigno era meno ghigno del solito. Si affievoliva parlando; ora era simile ad un sorriso sghembo. Osservava. Col silenzio di quel sorriso sghembo il signor G era sereno e avrebbe voluto dirle che indossava bene q

Ho messo all'angolo

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Si è fatta l'ora, quella di alzare lo sguardo e guardare avanti e guardare ai ricordi col sorriso, solo con quello. Anche quelli che fanno più male, che pensavi fossero dolorosi. È l'ora giusta. "Ho messo all'angolo i miei ricordi. Era il giusto tempo. Per guardarli solamente."

Un anno

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Ci sono ricorrenze, anniversari, che passano svelti, scivolati loro malgrado nell'anonimato. Eppure ci sono. E sono passati in maniera leggera.

Croquis Life, extra

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A volte il caso, a volte l'ironia di qualcuno, altre perché è un pensiero fisso: i figli, che crescono veloci, che sono lontani, che hanno o stanno cercando il loro equilibrio nel mondo.

Come in un giorno di primavera

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Una nascita. In pieno inverno, che cambia le stagioni, che cambia il contorno alla tua vita. Ora lei c'è, piccola, indifesa, curiosa. Nonni, a questa età. E non assomiglia a nessun'altra se non a se stessa. "Benvenuta a te In tutto quello che farai Ricorda che Assomigli a te, solo a te Coi tuoi occhi grandi e scuri Che rimbalzano e ballano Sulle mie spalle Come un appiglio sicuro Ricorda che Assomigli a te, solo a te Con tutti i nomi Con cui il tuo mondo ti può chiamare Il mio di mondo ora Ha il tuo sorriso morbido E le mani curiose Che afferrano spalle e giochi Tutto il mondo che ti sta attorno Ricorda che Assomigli solo a te A nessun'altra foto tu possa vedere I riccioli spettinati profumano Di latte e fiori Come una primavera In pieno inverno Come se un po' Anche il mio mondo fosse il tuo"

Io & Lui

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Eccoci qui, io e lui. Il piccolo di casa che cresce troppo in fretta, che mi guarda dal divano Io e lui, lo perdo di vista, lo vedo come non vorrei e mi accorgo che il tempo è sempre più ridotto e mi perdo i suoi passi dietro i miei. Eccoci qui, io e lui. Guardiamo avanti dentro lo specchio, che il tempo, questo, non ci sfugga ancora. È il piccolo di casa, è grande, robusto e forte e ha il suo sorriso. I suoi occhi e i suoi nei. Siamo io e lui in un giorno d'estate. Tutto qui.

Ti porto a fare un giro

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Compagnia Svago Solitudine Voglia di andare Tutto insieme, allo stesso momento La voglia di camminare Camminare senza sosta Se fa caldo Se fa freddo Andare Comunque

Le comari del paesello

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Cosa succede al rientro al paese dopo anni di assenza? Succede qualcosa di bello, quanto scoperto e detto ne "L'importanza di chiamarsi Mario", ma c'è un lato ambiguo, negativo e positivo al tempo stesso. Ironico, di quell'ironia che trovi nei racconti di paesi di campagna, quelli con la nebbia di calore già il mattino e le comari in strada davanti casa, il pomeriggio "a far filò". Capita quindi, in questo caso, di rivivere situazioni sempre uguale ma affettuosamente tragicomiche. "In questi giorni l'unica cosa che mi ha un po' infastidito son state quelle quattro, cinque anziane, amiche storiche dei miei che mi han salutato. Niente di strano per carità, ma avete presente il paese?30/36° da mattino a sera, quindi nel 90% dei casi girano per le calli con addosso un prendisole leggero. Capo che già ci suo fa sorridere. Il saluto al piccolo di casa, che sarei io, esordisce sempre con "ma tu sei?"lasciando dopo il punto interrogati

L'importanza di chiamarsi Mario

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Fine primavera, arriva prepotente il caldo  della bassa Padana, quello afoso, appiccicoso, denso di nebbia mattutina. Torno a casa dopo anni, dopo tanti giorni passati a fare altro; a lavorare, vedere crescere figli, cercare di tenere vivo un qualsivoglia rapporto umano quasi sentimentale. Insomma, a vivere. Il ritorno, si diceva. Torno per cause di forza maggiore, come verrebbe da dire; torno perché mio padre è caduto dalla bicicletta, come credo capiti a migliaia di persone ogni giorno nel mondo, e cadendo ha rotto un femore, come credo capiti a migliaia di persone ogni giorno nel mondo, e ora è all'ospedale e a me di chiamarlo e basta non è sufficiente. È un viaggio breve sul numero effettivo di chilometri da percorrere ma lungo sul numero di treni su cui scendere e salire per arrivare a destinazione. E la mia destinazione finale è il mio paese natale, il paesello perso lungo la strada statale Romea e i campi di grano definiti da ragnatele di canali e scoli, a comporre

G & M

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Sono momenti veloci, intimi, intensi , chiusi fra due attimi: l'inizio e la fine. Uno Yin ed uno Yang col cuore impazzito, impossibile da gestire. Sono momenti che sono morbidi, come è morbida lei, sopra le lenzuola, sotto i portici della città, che è vecchia ma è nuova, tutta per noi due. La rivedo nei pensieri lungo più di venti anni, ogni volta che la incrocio, il ricordo  mi bussa e non posso non aprire, anche se da qui è difficile e fa male. La rivedo adesso, mi rivedo coi capelli bianchi che cammino ancora per la città, che è più o meno come ma ricordo. Cambiano i dettagli, particolari che si fanno ora grandi ora piccoli, a seconda dell'intensità con cui il ricordo sale. Sotto gli stessi portici, seduto allo stesso caffè sento le mie labbra col suo sapore, il torpore che scivola dal cuore alle punte delle dita. La rivedo, me la immagino nuda, nello stesso letto ad osservare l'alba che arrivava. Sento il sapore della sua voce; tengo le mani in tasca mentre o

Il signor G e i pensieri

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...eppure...

Il caffè, per il signor G

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C'è caffè e caffè. Quello ordinato in fretta e furia senza personalità e calore, cosa che il signor G odiava da sempre, fosse lui il barista o il cliente, e Il Caffè maiuscolo, possibilmente da assaporare, far ballare sulle papille gustative e goderne del sapore. Perché? Perché non tutti i caffè sono uguali. Perché gli otto grammi di caffeina possono dilatare il tempo e la compagnia. C'è caffè e caffè. Un po'di caffeina per garantire i 90-100 battiti al minuto e un po'per ritrovare se stessi e un po'di pace. Quella con parte del passato. Finalmente. Dall'altra parte del tavolo, dietro il profumo acidulo dell'arabica. E col rumore della torrefazione in funzione il signor G guarda. Capisce. Che gli otto grammi di caffè filtrati attraverso l'inox del gruppo fanno iniziare un rapporto diverso. Sorride. Che quel po'di rancore che era emerso ora è davvero finito. Il signor G adora il caffè, questo un po'di più.

Il Signor G e le donne

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O danno. Avventure, storie, una notte, qualche anno, ricami nella vita del signor G. Le donne sono sempre state importanti nella sua vita. Le ha conosciute presto, per sua fortuna, e non ha mai smesso di inseguirle. Ha pianto e riso, osservandole, vivendole, mettendo al mondo figli. Crescendoli. Ha rincorso donne per una notte, innamorandosene lo stesso, come fosse quella notte l'ultima della sua vita. Ha rincorso donne entrate nella sua vita all'improvviso, frutte del lavoro magari, di quegli incontri che entrano poi nell'orario di lavoro. Ha visto donne uscire dalla propria vita lasciando segni ben profondi, nel cuore e nell'anima. Donne che hanno seguito linee lontane da quelle del signor G. Il signor G ha amato tutte, sempre. Buttando all'aria un matrimonio, una convivenza, un paio di fidanzamenti. Non un gran curriculum ma al fascino femminile il signor G è da sempre succube. Donne. Il lato bello della vita del signor G, anche quando la donna era f

Il Signor G e la scrittura

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Lo scrivere. Pensieri, frasi, racconti. Qualsiasi cosa rappresenti un insieme di parole e punteggiatura. Concetti. Il signor G adorava farlo. Da sempre. Era un modo per comunicare, per vincere la timidezza che a dispetto del fisico, della stazza, era ben marcata in lui, soprattutto negli anni "obesi"della sua adolescenza. E delle vicissitudini a margine della propria vita. La cura? "Scrivi. Scrivi tutto quel che pensi." Un consiglio lontano nel tempo ma ben radicato nel signor G, che forse non aveva nessuna intenzione di lasciare andare via. Scrivere, su qualsiasi cosa a disposizione, su ogni cosa passasse per la propria vita. Non a tutti piaceva questo aspetto del signor G, anzi, spesso portava allo scontro, all'incomprensione e allo scontro, all'insulto. E il signor G si è sempre limitato a prendere atto e fare spallucce, annotando ogni cosa nel suo fidato quaderno rosso. Cosa scrive il signor G? Scriveva di se stesso, della propria vita, dei pr

Il Signor G e il lavoro

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"Lavori sempre!". "Lavori troppo!". "Abbiamo lavori che non coincidono!". Il signor G aveva bene impressa una lunga lista di lamentele di questo genere. Più o meno dall'estate del 1988, quando cioè il mondo del lavoro era entrato a far parte del suo mondo. Aveva preso contatto col mondo del lavoro partendo dal bancone di un bar. Scuola, alberghiera of course, e lavoro. Il fine settimana, l'inverno, l'estate. Più o meno tutte le feste e festività. È sempre con l'aperta ostilità della famiglia che non capiva perché "a Natale non ci sei mai". Però al signor G lavorare piaceva e pazienza se per anni ha fatto un po' lo zingaro e ne ha approfittato per vedere un po' di mondo. Pazienza se aveva evitato di farsi coinvolgere dai sentimenti; voleva vedere il mondo, lavorare e divertirsi. Barman, voilà la parola magica. E da quel momento il lavoro del signor G le compagne di vita lo hanno sempre sopportato, mai accettato.

Notturno

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Inizia notturno. Il desiderio di cucirsi addosso solo il silenzio. Delle cose, delle persone. Niente rumori. Solo il respiro leggero e il rumore velato degli occhi che osservano il buio. Inizia notturno. L'abito su misura è un silenzio cadenzato che svuoti e riempi con nuove cose, che toccano le vecchie, che le sovrastano, che ti prendono. Inizia notturno. Dentro la notte che contiene tutto

Il Signor G e l'ombrello

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Ci sono oggetti che coinvolgono molto più di quanto dicano in realtà. Come un ombrello ad esempio. L'ombrello lo cerchi quando piove, quando un acquazzone ti coglie all'improvviso e vivendo in Friuli, non esattamente la più asciutta delle regioni, al signor G capitava spesso di venderne. Anche uno dopo l'altro, continuamente, se le giornate lo necessitavano. Capitava spesso come detto, e spesso da dietro gli occhiali da miope il signor G una battuta a chi lo acquistava la faceva sempre. Indole. Carattere. Modo di fare. Nulla di eclatante in fondo. Un modo come un altro per lavorare con le persone senza essere ingessati e immobili. Nella ressa degli acquisti un giorno particolare il signor G osservò un acquisto più di un altro. Il caso, i particolari. Chissà. Al signor G in quel momento capitò un ombrello più colorato di altri. Lo osservò. Chi entra in un giorno di pioggia a comperare un ombrello può volere solo quello, nient'altro. A volte. Può capitare che l

Il Signor G e la bicicletta

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Il signor G aveva la bicicletta. La usava per tutti gli spostamenti. Casa, lavoro, gite. La usava sempre e spesso ne usava una con un cestino, comoda, per appoggiare l'inseparabile zaino. Usava la bicicletta perché era l'unico mezzo che possedeva e che poteva guidare non avendo la patente. Perché? Principalmente per paura, poi per massimo disinteresse ma il signor G non si era precluso mai nulla nella vita; viaggi, lavoro, vita di tutti i giorni. Si era spostato ovunque uno degli aspetti sopracitati lo portasse, sempre andando e tornando. L'altro aspetto della medaglia era il padre. Suo padre e sua madre lo avevano cresciuto bene, bravissimi genitori ed esempi, senza patente. Senza auto, camion o qualsiasi altro mezzo a motore. E il signor G era padre a sua volta, contento di esserlo, con figli contento del proprio padre così com'era. Con la bicicletta. E dove non poteva la bicicletta c'era un treno, un autobus, un traghetto. Ogni tanto però il signor G dove

Il Signor G e il ginseng

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Il signor G non beve alcolici se non per qualche ricorrenza cui valga la pena chiudere un occhio. Tolte le nascite dei figli o nipoti, e constatando che questi sono quasi grandi ormai, non rimangono molte altre occasioni per brindare. Il signor G adora il caffè. Il caffè forse adora il signor G. Si frequentano da anni ormai, nel rispetto reciproco. Il signor G adora il caffè "di caffettiera" la mattina appena alzato. Ne adora il profumo, la tostatura che riporta al bruciato e il rumore "fastidioso" della caffettiera stessa. Poi c'è il primo caffè al bar sotto casa, quello di fiducia, e successivamente, arrivato in città per il lavoro o per divertimento, un pellegrinaggio fra i locali soliti ormai. E il signor G ha imparato con gli anni a non esagerare con la caffeina e a mischiare i vari tipi di caffè. Orzo, deca e ginseng, l'ultimo arrivato fra i surrogati di tendenza. Però... Però l'ultimo, il ginseng, non è così facile da trovare buono, almeno

Il Signor G

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Il signor G è una persona come tante altre, coi vizi e i difetti di ogni uomo. Nonostante ciò, vive. Vive la sua vita meglio che può, per non avere rimpianti, rimorsi, per non lasciare nulla alle spalle. Il signor G passa fra la gente, vi si muove a proprio agio. Vive in fondo. Alcune cose come fossero le ultime, come se il domani non esistesse. È un tratto del suo carattere. Perché signor G? Perché mi chiamo G e qualcosa e perché Gaber lo adoro e un titolo così bello non potevo non prenderlo in prestito. Il signor G siamo tutti, c'è solo chi non lo sa, chi finge di non esserlo e chi lo esterna apertamente. Ecco, queste sono le differenze. Pensandoci e pensandomi, ho rivisto gli ultimi sprazzi di vita e "mi è garbato molto" scriverli così, schizzati e appuntati, in velocità, come son venuti fuori. Frammenti brevi di vita, del signor G.

Kawaii story pt2

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Kawaii story pt3

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Kawaii story pt1

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Un caffè. Il caffè

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Un caffè. Il caffè. Il sapore, il profumo, l'odore della torrefazione che invade l'aria fin giù, dentro nei polmoni. E su. Nella testa, a farsi strada fra i ricordi. Il caffè. Punto di scontro e di incontro. Un sorso di quel che è stato e via, a chiudere la pagina. Un sorso per quello che sarà, che la vita va per la propria strada, anche se non c'è nessun obbligo. Un caffè. Le parole accompagnano, come sedie e tavolini che arredano. Il caffè. Il segreto è tutto qui. "C'è un caffè al centro del tavolo e le mani lontane Così, una avanti all'altra, la destra e la sinistra, attorno al caffè fumante Dita contro dita, si guardano  e aspettano di afferrare il vapore caldo del caffè che aspetta."

Un sorriso, che fuori piove

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Un sorriso fra la gente, la stessa che guardi distratto e rabbioso cento volte al giorno, anche quando è domenica. Un sorriso che non vedevi da tempo ma che come allora, interpreti con difficoltà. Qualcosa sarà, magari nulla, in fin dei conti come prima. Che forse era giusto così. E la domenica va. "Se fuori piove ed è domenica piove ancora e sempre. Come in uno di quei film ... e tu guardi distratto oltre la vetrata; guardi e non vedi e ti coglie di sorpresa uno di quei sorrisi che in altro tempo avevi cercato e adesso fatichi, fatichi a gestire. Non riesci perché... perché in fondo non è quello che cerchi ora. Se fuori piove ed è domenica lava via il sorriso, il ricordo, il suo senso, lo sguardo. Rimane. Qualcos'altro."

Ciao T

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Questo è un post strano, iniziato con parole e frasi messe giù come appunti, come tutti gli altri post. Poi, una notizia all'improvviso fa cambiare il punto di vista. Il suo senso. È un post che non parla di donne, di luoghi del cuore, amori iniziati e finiti. Non ci sono disegni colorati o croquis sgangherati. No Solo parole uscite ascoltando una notte di pioggia e lasciate a "fermentare". Poi una notizia al TG e tutto si ferma. T era un ragazzo, giovane, alto, bello, senza pensieri. Amava il ballo e il suo lavoro, cameriere. Per un periodo breve è entrato a fare parte della mia famiglia, delle nostre vite. E dopo, ci è rimasto, con la semplicità, con la simpatia, con le caramelle che comperava a mio figlio. Poi il destino ha deciso per tutti. Anche per T. Una sera come tante qualcuno lo ha reclamato a sé. Non credo, non sono credente, ma questa volta credo che il sorriso di T farà ballare gli angeli o chi per loro, come in questa breve parentesi terrena ha fatt

Te lo leggo negli occhi

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Ricucire qualcosa di logoro e sfilacciato negli annunci è impresa dura, quasi impossibile. Ci si prova, ci si mettono sorrisi e sguardi, fatica, fino a cercare di respirare un'aria diversa. Ci si ritrova soli con altri pensieri, riflessioni personali, a cercare piccoli lampi di benessere. "Tu sorridi mi parli e sorridi te lo leggo negli occhi e il tempo scivola via e da solo poi ripenso e mi sento solo un po' più solo e non riesco a salvare nulla solo questo momento..."

Lei, che aveva i capelli rossi

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Non si cambia nessuno, nessuno vuole né può cambiare. È nella natura delle cose e delle persone. Quando non ci si riesce si crea il distacco e strette nelle pieghe della mente rimangono tante cose di lei. Che tutta, non può andare via "Lei che aveva i capelli rossi Rosso Tiziano ordinati e irregolari lunghi e corti, insieme. Lei che aveva i capelli rossi lo sguardo severo, come maestra. Gli occhi verdi appena imperfetti. Era Lei, semplicemente, così..."

Leggo

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Leggere aiuta a crescere, ad accrescere e ad aprire sempre più la propria visione del mondo. La mente assorbe e si apre come una finestra attraverso la quale far passare la nuova luce. La conoscenza acquisita, non importa se bambino, adolescente o adulto, aumenta la fame di sapere. Altre cose ancora. E crescere ancora. "Leggo, parole. Getto i fogli per la stanza in ordinato disordine. Li faccio galleggiare a mezz'aria. E ci salgo sopra... Scale di carta che mi sorreggono. Un piede dopo l'altro vado verso l'alto. Ne salgo i gradini e apro il mio mondo con nuove parole. E leggo. Leggo e salgo. E non smetto. Ho fame."

Stracci & Pagliacci

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Ci sono momenti in cui ti guardi distrattamente allo specchio e ti vedi giù, ti senti solo e incapace di fare qualcosa di positivo. Costruttivo. Per te e per chi ti sta attorno. E ti senti come un pagliaccio a spettacolo finito. "Quando togli il trucco ai pagliacci rimangono gli stracci... Cotone e cerone, una palla in un cestino. Finisce lo spettacolo e ti senti dolente. Ti fanno male le ossa vicino al cuore..."

Come uno scalatore

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Alla fine quando scrivi la parola "fine" ti senti stanco, affaticato come se avessi scalato vette, montagne, alte, altissime, solo per poter rifiatare un attimo e ricominciare daccapo. "Ho fatto la fatica Dello scalatore Solo per cercare di trovarti Ancora Dove ti avevo lasciato Mi sono arrampicato Su vette nuove Ricoperte di neve antica Ho ritrovato l'equilibrio Solo per poterlo perdere di nuovo..."

Se fosse un amore solo?

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"Se fosse che non so bene che volto e nome dare all'Amore? Se fosse che il cuore lo nutro di volta in volta come ogni volta fosse l'ultima? Se fosse che adesso assaporo un aspetto della vita quasi nuovo? Se fosse che ogni immagine che ho riporta a qualcosa che mi ha fatto stare bene? Se fosse che quello stare bene alla fine è diventato uno stare male, profondo? Se fosse che nonostante tutto ho l'impressione di aver sbagliato? Se fosse che non so bene che durata temporale assegnare a questo Amore? Un anno, dodici, tre mesi? Fogli su di un calendario che giro e rigiro, ridisegno e aggiorno. Se fosse che osservo le mie mani, nella penombra di una stanza carica di cose non mie ... le osservo e non trovo tracce. Hanno toccato corpi, cose, piante e adesso stringono un po'di polvere ed una penna. Se fosse tutto finto, un gioco che mi piaceva a metà? Dubbi usciti dalle parole di chi tenevo vicino a me. Sbagliando. Come sbagliato è stato ogni piccolo gesto, r